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      Uscito fuori dal piccolo cerchio della sua vita ordinaria, lo spettacolo della vita immensa di Parigi esalta tutte le sue facoltà e tutti i suoi sentimenti buoni e cattivi. Un effetto simile lo proviamo noi pure. L’ingrandimento delle proporzioni di tutte le cose ci dà a poco a poco un altro concetto delle cose stesse. La corruzione medesima, enorme e splendida, finisce per sedurci come un vasto e svariatissimo campo di studio, più di quello che ci respinga per la sua laidezza; e ci abituiamo a considerarla quasi come una forma utile della vita, come una grande e terribile scuola, che chiude un tesoro infinito d’esperienze e d’idee, e fa scattare la molla di mille ingegni potenti. Nelle sale del Bullier, in mezzo al turbinio di trecento ragazze, che ballano tutte insieme cantando a una voce Perruque blonde, invece d’un grido contro la corruzione, ci esce dal cuore un inno ardente alla gioventù e alla vita. Stomacati dei paesi dove non c’è d’originale nemmeno il vizio e il suo linguaggio, là troviamo almeno la assenza della forma più schifosa e più vile della corruzione, che è la manìa di fingerla per vanagloria, mentre non s’ha nè la forza nè il modo di goderla nella sua tremenda pienezza. E a poco a poco ci persuadiamo che molte che credevamo malattie colpevoli, non sono là che efflorescenze d’un sangue troppo ricco; mentre non sono che mancanza di vitalità certe virtù negative di cui menano vanto in faccia a Parigi altri popoli; ai quali si potrebbe dire come la Messalina del Cossa a Silio: — Siete tanto corrotti che non sopportate la grandezza del vizio.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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