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      Quando s’è osservato tutto ciò, il soggiorno di Parigi riesce caro ed utile solo per veder lavorare quella macchina immensa, per vedere come essa leviga, perfeziona, trasforma, spreme, stritola l’inesauribile materiale d’ingegno, di ricchezza, di gioventù, d’ambizione, di coraggio, che la Francia e il mondo gettano continuamente fra le sue ruote formidabili, e come versa dalla parte opposta grandi nomi, celebrità sventrate, capolavori, parole immortali, ossa rotte, armi, gemme e trastulli, che la Francia e il mondo s’affannano a raccogliere e a commentare. Fate dunque i censori addosso a questo colosso! Strillate contro i suoi operai perchè bevono l’assenzio e cantano in falsetto e hanno la donnina che li aspetta alla porta. Che pedanteria!
      Ma non è neppur questa l’ultima impressione che si riceve da Parigi. Standovi lungo tempo, si passa ancora per la trafila di altri entusiasmi e di altri disinganni. Molte sere ritornerete a casa, fra quelle file interminabili di lumi, malinconici, uggiti a morte di tutto, con un rabbioso amor di patria nel cuore. Poi vi riconcilierete colla città in una bella giornata d’autunno, assistendo a una di quelle sue espansioni clamorose di gioia che rasserenano le anime più fosche. Un’altra volta una piccola umiliazione, uno stupido gioco di parole ripetuto da un milione di bocche, uno spettacolo d’un’oscenità stomachevole, un cielo chiuso e plumbeo che fa mutar aspetto a ogni cosa, vi risolleveranno dentro tutte le antipatie e tutte le stizze con una tale violenza, che vorreste veder sparire quella città come un accampamento portato via da un uragano.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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