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      Immaginate una serie di sottili triangoli che si toccano, come quei che fanno i bambini per rappresentare una catena di montagne; o una corona a becchetti distesa pel lungo come la lama d'una sega; o tanti pani di zucchero disposti in fila, e avrete un'idea della forma che presenta da lontano il Montserrat. È un insieme di coni immensi che s'alzano I' uno accanto all'altro, e l'un sull'altro, o meglio un solo gran monte formato di cento monti, spaccato di su in giù fin quasi al terzo della sua altezza, in modo che presenta due grandi cime, intorno alle quali si aggruppano le minori; nelle parti alte, arido e inaccessibile; nelle basse, popolato di pini, di[33] quercie, di corbezzoli, di ginepri; rotto qua e là da grotte smisurate e da spaventevoli burroni, e sparso di romitaggi biancheggianti sulle bricche aeree e nelle gole profonde. Nella spaccatura del monte, fra le due cime principali, sorge l'antico convento dei Benedettini, dove Ignazio di Lojola meditò nella sua giovinezza. Cinquantamila tra pellegrini e curiosi si recano anno per anno a visitare il convento e le grotte, e il giorno otto di settembre, vi si celebra una festa a cui concorre una moltitudine innumerevole di gente da ogni parte della Catalogna.
      Poco prima di arrivare alla stazione dove si scende per salire al monte, irruppe nel mio carrozzone una frotta di ragazzi, accompagnati da un prete, alunni d'un collegio di non so che villaggio, che andavano a fare una scampagnata al convento del Montserrat. Eran tutti catalani, bei visetti bianchi e rosei, con grandi occhi.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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