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      Questi pensieri,-benchè non proprio colle stesse parole, perchè non avevo sotto gli occhi un certo libricciuolo di Emilio Castelar,-io volgeva in mente entrando in Aragona. E per prima cosa mi si offerse agli occhi, sulla riva della Cinca, il piccolo villaggio di Monzon, noto per famose assemblee delle Cortes, e per alternati assalti e difese di Spagnuoli e Francesi: sorte che fu comune, durante la guerra d'indipendenza, a quasi tutti i villaggi di quelle provincie. Monzon è prostrato ai piedi d'un formidabile monte, sul quale s'innalza un castello nero, sinistro, enorme, quale avrebbe potuto immaginarlo il più fosco dei feudatarii per condannare a una vita di terrore il più odiato dei villaggi. La stessa Guida si arresta davanti a codesto mostruoso edifizio, e prorompe in un'esclamazione di timida meraviglia. Non v'è, io credo, in tutta la Spagna, un altro villaggio, un altro monte, un altro castello, che rappresentino meglio la paurosa sommessione d'un popolo oppresso, e la minaccia perpetua d'un signore feroce. Un gigante che prema il ginocchio sul petto d'un fanciullo steso a terra, è una meschina similitudine per dare un'immagine della cosa; e tale fu l'impressione che mi fece, che, pur non sapendo tenere in mano la matita, m'ingegnai di abbozzare alla[38] meglio il paesaggio, perchè non mi uscisse dalla memoria; e mentre scarabocchiavo, mi venne fatto il primo verso d'una ballata lugubre.
      Dopo Monzon, la campagna aragonese non è che vaste pianure, chiuse in lontananza da lunghe catene di colline rossastre, con pochi miseri villaggi, e qualche colle solitario su cui nereggiano le rovine d'un castello antico.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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