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      Il Murillo non è soltanto un grande pittore, è una grand'anima; è più che una gloria, è un affetto della Spagna; è più che un maestro sovrano del bello, è un benefattore, un ispiratore di buone azioni, una immagine cara che, afferrata una volta nelle sue tele, si porta nel cuore tutta la vita, con un sentimento di gratitudine e di devozione religiosa. È uno di quegli uomini, dei quali un non so qual sentimento secreto ci dice che li dovremo rivedere, che il rivederli ci è dovuto come un premio, che non possono essere spariti per sempre, che in qualche luogo sono
      ancora, che la loro vita non è stata che un lampo d'una luce inestinguibile, che dovrà apparire un giorno in tutto il suo splendore agli occhi dei mortali. Si dirà: errori della fantasia! Ah, cari errori![158]Dopo le opere di questi quattro grandi maestri, vi son da ammirare i quadri di Joanes, artista intimamente italiano, a cui il disegno corretto e la nobiltà dei caratteri valsero il titolo, benchè profferito sotto voce, di Raffaello spagnuolo; non nell'arte, ma nella vita simile a frate Angelico, poichè il suo studio era un oratorio, dove si digiunava e facea penitenza, ed egli pure, prima di mettersi all'opera, andava a pigliar la comunione. Poi i quadri di Alonso Cano; i quadri del Pacheco, maestro del Murillo; del Pareja, schiavo del Velasquez; del Navarrate il Muto; del Menendez, gran pittore di fiori; dell'Herrera, del Coello, del Carbajal, del Collantes, del Rizi. Del Zurbaran, uno dei più grandi pittori spagnuoli, degno di star accanto ai tre primi, v'è poco.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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