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      Non tutti gli Spagnuoli, è vero, son matti di codesto spettacolo; molti non ci vanno mai; non pochi lo disapprovano, lo condannano, lo vorrebbero veder bandito dalla Spagna; qualche giornalista, di tanto in tanto, alza un grido di protesta; qualche deputato, l'indomani dell'uccisione d'un torero, parla di fare un'interpellanza al Governo; ma son tutti nemici timidi e fiacchi. Per contro si scrivono apologie delle corse dei tori, si fabbricano nuovi circhi, si rinnovano gli antichi, si deridono gli stranieri che gridano alla barbarie spagnuola.[198]E non si fan solo corridas di tori l'estate, nè lo spettacolo è sempre uguale. L'inverno, nel circo di Madrid, ogni domenica c'è rappresentazione; non sono quei tori belli e focosi dell'estate, non sono i grandi artisti che la Spagna ammira; son torelli di picciola mole e di piccolo animo, sono toreros non ancora provetti nell'arte; ma c'è spettacolo a ogni modo, e benchè non ci vada il Re, nè il fiore della cittadinanza, come alle corse d'estate, il circo è sempre pieno di gente. Si sparge poco sangue, non si uccidono che due tori, si chiude lo spettacolo con dei fuochi d'artifizio; è un divertimento, come dicono con disprezzo i torofili appassionati, da serve e da bambini. Ma v'è un episodio, negli spettacoli d'inverno, che diverte assai. Quando i toreros hanno ucciso i toros de muerte, l'arena rimane a disposizione dei dilettanti; da tutte le parti ci salta dentro gente; in un minuto v'è un centinaio di operai, di scolari, di monelli, chi con un mantello in mano, chi con uno scialle, chi con un cencio qualunque, affollati a destra e a sinistra del toril, pronti a ricevere il toro.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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