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      Di là mi condussero sulla cupola della chiesa di dove si gode un colpo d'occhio immenso. Da un lato lo sguardo si stende per tutta la campagna montuosa che corre fra l'Escuriale e Madrid; dall'altro si vedono le montagne nevose del Guadarrama; sotto, si abbraccia con un'occhiata tutto lo smisurato edifizio, i lunghi tetti di piombo, le torri; si vede nell'interno dei cortili, dei claustri, dei portici, delle gallerie; si possono ricorrere col pensiero i mille andirivieni dei corridoi e delle scale, e dire:-Un'ora fa ero laggiù-qui-lassù-là sotto-laggiù lontano,-e maravigliarsi d'aver fatto tanto cammino, e rallegrarsi d'essere uscito da quel labirinto, da quelle tombe, da quelle tenebre, e di poter tornare in città e rivedere gli amici.
      Un viaggiatore illustre disse che dopo aver passato una giornata nel convento dell'Escurial, ci si deve sentir felici per tutta la vita, solo pensando che si potrebbe essere ancora fra quelle mura e che non ci s'è più. È quasi vero. Ancora adesso, dopo[232] tanto tempo, nei giorni piovosi, quando sono tristo, penso all'Escurial, poi guardo le pareti della mia stanza, e mi rallegro; nelle notti insonni, vedo i cortili dell'Escurial; quando sto male e dormo un sonno torbido e penoso, sogno di girare per quei corridoi, solo, al buio, inseguito dal fantasma d'un vecchio frate, gridando e picchiando a tutte le porte, senza trovare l'uscita, finchè vo a dar del capo nel Panteon e la porta mi si chiude fragorosamente alle spalle e resto sepolto tra le tombe.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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