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      E però i suoi discorsi si godono e non si temono; la sua parola è troppo bella per esser terribile; il suo carattere troppo ingenuo perchè egli possa esercitare una influenza politica; egli non sa armeggiare, tramare e barcamenarsi; egli non è buono che a piacere ed a splendere; la sua eloquenza, quando è più grande, è tenera; i suoi più bei discorsi fan piangere. Per lui la Camera è un teatro. Come i poeti improvvisatori, per aver l'ispirazione piena e serena, egli ha bisogno di parlare a quella data ora, in quel determinato punto e con quel certo[236] tempo libero dinanzi a sè. Perciò, il giorno che deve parlare, prende le sue misure col Presidente della Camera; il Presidente dispone in modo che gli tocchi la parola quando le tribune sono affollate e tutti i deputati al loro posto; i suoi giornali annunziano la sera innanzi il suo discorso affinchè le signore possano procurarsi il biglietto; egli ha bisogno d'aspettazione. Prima di parlare è inquieto, non può posare un istante, entra nella Camera, esce, rientra, torna ad uscire, gira pei corridoi, va nella biblioteca a sfogliare un libro, scappa nel caffè a bere un bicchier d'acqua, par preso dalla febbre, gli sembra che non saprà accozzar due parole, che farà ridere, che si farà fischiare; del suo discorso non gli rimane una sola idea lucida nella mente, ha confuso tutto, ha dimenticato tutto.-Come va il polso?-gli domandano sorridendo gli amici. Giunto il momento solenne, sale al suo banco col capo basso, tremante, pallido, come un condannato che va a morire, rassegnato a perdere in un sol giorno la gloria conquistata in tanti anni e con tante fatiche.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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