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      V'entrai: l'interno è splendido: v'è una stupenda sala pel ricevimento degli ambasciatori, un bel gabinetto chinese di Carlo III, una mirabile sala di toeletta di Isabella II; e una profusione d'oggetti d'ornamento[253] preziosissimi. Ma tutte le ricchezze del palazzo non valgono il colpo d'occhio dei giardini. L'aspettazione non è delusa. I giardini d'Aranjuez (Aranjuez è il nome della piccola città che giace a poca distanza dal palazzo) sembrano stati fatti per una famiglia di re titanici, ai quali i parchi e i giardini dei nostri re dovessero parer aiuole da terrazze o campicelli da presepio. Viali a perdita d'occhio fiancheggiati da alberi di smisurata altezza, che consertano i rami inclinandosi gli uni verso gli altri, come incurvati da due venti contrari, percorrono in tutti i sensi una foresta di cui non si vedono i confini; e a traverso questa foresta, il Tago largo e rapido descrive una maestosa curva formando qua e là cascatelle e bacini; e una vegetazione fitta e pomposa, lussureggia fra un laberinto di vialetti, di crocicchi e di sbocchi; e in ogni parte biancheggiano statue, vasche, colonne, schizzi d'acqua altissimi che ricascano a sprazzi, a fiocchi, a goccie, in mezzo a ogni maniera di fiori d'Europa e d'America; e al fragore maestoso della cascata del Tago, s'unisce il canto d'innumerevoli usignoli che vibrano le loro allegre note nell'ombra misteriosa dei sentieri solitarii. In fondo ai giardini sorge un piccolo palazzo di marmo, di modesta apparenza, che racchiude tutte le maraviglie della più magnifica reggia; e nel quale si respira ancora, per così dire, l'aura della vita intima dei Re di Spagna.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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