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      Dalle più remote regioni dell'Asia traevano i fedeli alle rive del Guadalquivir, per prostrarsi nel Mhirab meraviglioso della sua Moschea, al chiarore delle mille lampade di bronzo, fuse colle campane delle Cattedrali di Spagna. Accorrevano gli artisti, i dotti, i poeti, da ogni parte del mondo maomettano, alle sue fiorenti scuole, alle sue biblioteche immense, alle corti magnifiche dei suoi Califfi. Affluivano i ricchi e le belle, tratte dalla fama della sua splendidezza. E di qui si spandevano, avidi di sapere, lungo le coste dell'Affrica,[296] per le scuole di Tunisi, di Cairo, di Bagdad, di Cufa, e fino all'India e alla China, a raccoglier libri, ispirazioni e memorie; e le poesie cantate alle falde della Sierra Morena, volavano, di cetra in cetra, fino alle vallate del Caucaso, ad eccitare l'ardore dei pellegrinaggi. La bella, la poderosa, la sapiente Cordova, coronata di tremila villaggi, ostentava alteramente i suoi bianchi minareti in mezzo ai boschetti d'aranci, e spandeva intorno per la valle divina un'aura voluttuosa di letizia e di gloria!
     
      Scendo dal treno, attraverso un giardino, mi guardo intorno, son solo; i viaggiatori che scesero con me sparirono chi di qua chi di là; sento ancora il rumore d'una carrozza che s'allontana; poi tutto tace. È mezzogiorno, il cielo purissimo, l'aria accesa. Vedo due casine bianche: è l'imboccatura d'una strada, entro, vado oltre. La strada è stretta, le case piccine come le villette che s'innalzano sui poggi artificiali dei giardini, quasi tutte d'un sol piano, colle finestre a pochi palmi da terra, i tetti che quasi si toccan col bastone, i muri bianchissimi.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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