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      Ardente di entusiasmo per Michelangelo, del quale aveva ammirato le opere in Italia, gli sciolse nel suo poema un inno di lode che è uno dei più bei tratti della poesia spagnuola; e mio malgrado, m'escon dalla penna gli ultimi versi, che ogni italiano, anche non conoscendo la lingua sorella, può intendere e sentire. Non credere, egli dice al lettore, di poter scoprire la perfezione della pittura in altra cosaQue en aquella escelente obra espantosa
      Mayor de cuantas se han jamas pintado,
      Que hizo[3] el Buonarrota de su manoDivina, en el etrusco Vaticano!
      Cual nuevo Prometeo en alto vueloAlzándose, estendiò las alas tanto,
      Que puesto encima el estrellado[4] cieloUna parte alcanzò[5] del fuego santo;
      Con que tornando enriquecido al sueloCon nueva maravilla y nuevo espanto,
      Diò vida con eternos resplandores
      À marmoles, à bronces, à colores.
      ¡O mas que mortal hombre! ¿Angel divinoO cual te nomaré? No humano cierto
      Es tu ser, que del cerco empireo vino[6]Al estilo y pincel vida y concierto:
      Tu mostraste à los hombres el caminoPor mil edades escondido, incierto
      De la reina virtud; a ti se debeHonra que en cierto dia el sol renueve."
      [322]Mormorando questi versi, riuscii nella via Juan de Mena, l'Ennio spagnuolo, come lo chiamano i suoi concittadini, autore d'un poema fantasmagorico, intitolato: Il labirinto, imitazione della Divina Commedia, di gran fama ai suoi tempi; e non privo, in vero, di qualche pagina di poesia ispirata e profonda; ma, nell'assieme, gonfio di pedantesco misticismo, e freddo.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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