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      Rientrai in cittą, e godetti il meraviglioso spettacolo di Siviglia notturna. I patios di tutte le case erano illuminati; quei delle case modeste, rischiarati da una mezza luce che ne abbelliva d'un'aria di mistero la grazia; quei dei palazzi, pieni di fiammelle, che facevan sfolgorare gli specchi e scintillare come getti d'argento vivo gli zampilli delle fontane, e luccicare di mille colori i marmi dei vestiboli, i musaici delle pareti, le vetriere delle porte, i cristalli dei doppieri. Si vedeva dentro un formicaio di signore, si sentiva per tutto un suon di risa, di voci, di musiche; pareva di passare in mezzo a tante sale da ballo; da ogni porta usciva un'onda di luce, di fragranze e d'armonie; le strade erano affollate; fra gli alberi delle piazze, sotto gli atrii, in fondo ai vicoli, sui terrazzini, da ogni parte si vedevan gonnelle bianche ondeggiare, sparire e riapparire nell'ombra; e testine ornate di fiori vezzeggiare alle finestre; e gruppi di giovani attraversar la folla gettando allegre grida; e gente salutarsi e discorrere fra le finestre e la strada, e per tutto un moto affrettato, un gridģo, un riso, una gaiezza carnevalesca.[331] Siviglia non era pił che un immenso giardino, nel quale folleggiava un popolo fremente di giovinezza e d'amore.
      Per uno straniero, quelli son momenti assai tristi. Mi ricordo che avrei dato del capo nel muro. Erravo qua e lą mezzo sbalordito, col capo basso, col cuore stretto, come se tutta quella gente si divertisse per insultare la mia solitudine e la mia malinconia.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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