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      Tutto il palazzo è sparso di sacre memorie. Al primo piano, il custode vi accenna una finestra che corrisponde a quella presso cui era seduto san Pietro quando rinnegò Gesù, e il finestrino dal quale la fante lo riconobbe. Dalla strada si vede un'altra finestra con un terrazzino di pietra, che occupa precisamente il posto di quella dove Gesù fu mostrato al popolo colla corona di spine. Il giardino è pieno di frammenti di statue antiche portate dall'Italia da quello stesso Don Pedro Afan de Ribera, vicerè di Napoli. Fra le altre fiabe che si raccontano intorno a quel misterioso giardino, si dice che Don Pedro Afan de Ribera vi aveva posto l'urna, recata dall'Italia, che conteneva le ceneri dell'Imperatore Traiano, e che un curioso senza garbo, avendola rovesciata con un urto, le ceneri dell'Imperatore s'erano sparse fra l'erba, e nessuno era più riuscito a raccoglierle. Così l'augusto monarca, nato a Italica, per uno stranissimo caso era tornato vicino alla sua città nativa, non assai bene in arnese, a dir vero, per poter recarsi a meditare sulle sue rovine; ma pur vicino in ogni modo.
     
      Dopo quello che ho accennato, si può dire, non d'aver visto, ma d'aver cominciato a vedere Siviglia. Io però mi arresto qui, perchè tutto deve aver una fine. Lascio da un lato i passeggi, le piazze, le porte, le biblioteche, i palazzi pubblici, le case dei grandi,[362] i giardini, le chiese; ristringendomi a dire che, dopo aver girato per parecchi giorni dal levar del sole al tramonto, dovetti partire da Siviglia col peso di molti rimorsi sulla coscienza.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





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