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      Poco dopo che il bastimento s'era mosso cominciò ad alitare una di quelle aurette gentili che scherzano come la manina d'un bimbo col fiocco della cravatta e coi capelli delle tempie; e da prora a poppa si levò un vocío di donne e di ragazzi, come segue in una brigata d'amici al primo chiocco di frusta che annunzia la partenza per una scampagnata festiva. Tutti i passeggieri si radunarono a poppa, all'ombra d'un'ampia tenda variopinta come un padiglione chinese, e chi sedette sui cordami, chi si sdraiò sulle panche, chi si appoggiò al parapetto, ognuno rivolto dalla parte della torre dell'Oro, per godere lo spettacolo famoso e incantevole di Siviglia che s'allontana e dispare. Qualche donnina aveva ancora il viso bagnato delle lagrime dell'addio, qualche bambino era ancora un po' stordito dallo strepito della macchina a vapore, qualche signore[371] non aveva ancora finito di bisticciarsi coi facchini che gli avevan un po' strapazzato i bauli; ma di lì a pochi minuti tutti si rasserenarono, si cominciò a mondare aranci, ad accender sigari, a far girare fiaschettine di liquori, ad appiccar conversazione cogli sconosciuti, a canterellare, a ridere; in un quarto d'ora fummo tutti amici. Il bastimento scivolava colla soavità d'una gondola sulle acque chete e limpide, che riflettevano come uno specchio le vesti bianche delle signore; e l'aria portava un gratissimo odore d'aranci dai boschi delle sponde popolate di ville. Siviglia s'era nascosta dietro la sua cinta di giardini; e noi non vedevamo più che un mucchio immenso d'alberi verdissimi, e di sopra la nera mole della cattedrale, e la Giralda color di rosa, sormontata dalla sua statua fiammeggiante come una lingua di fuoco.


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Spagna
di Edmondo De Amicis
Barbera Firenze
1873 pagine 422

   





Oro Siviglia Giralda