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      Il posto umilissimo che, per l'inferiorità forzata della sua educazione e per la falsità vanitosa della nostra, è assegnato nella società al lavoratore manuale, la cui opera si onora in astratto e si disprezza impersonata, e la scarsa e mutevole e spesso umiliante mercede con cui quell'opera è retribuita avendo per effetto che tutti rifuggano o cerchino d'uscire in qualunque modo dalla bolgia delle classi inferiori, ne segue che s'abbia un eccesso di produzione anche nel campo dell'intelligenza, che vi sia una sovrabbondanza enorme di gioventù colta alla quale la coltura non serve a nulla come l'oro all'affamato in mezzo al deserto, un esercito di riserva intellettuale, che, come quello della classe operaia, offre il suo lavoro in ribasso, e accetta ogni condizione di vita, e non trova a vivere nemmeno accettando ogni condizione. E il torrente ingrossa ogni giorno, e la piena è giunta per tutto a tal segno, che fin nel paese che deve alla sua grande coltura la supremazia politica e militare in Europa, si vede costretto il Governo a rifiutare il suo consenso alla fondazione di nuovi istituti d'insegnamento, perchè quelli che esistono sono già esuberanti al bisogno che ha la società di candidati. Lasciate ora che alle donne, poichè v'è anche per esse una quistione sociale, si schiudano tutte le vie, come accadrà per forza invincibile delle cose; supponete che si compia il voto del cor di tutti, d'un dimezzamento degli eserciti, che getterebbe nella concorrenza altre migliaia di giovani, i quali, per l'indole della loro educazione e per i pregiudizi connaturati allo stato presente della società, rifuggirebbero dal lavoro meccanico; e s'avrà allora un proletariato borghese non meno temibile, benchè men numeroso, anzi più potente e più attivo perchè più colto, di quel della plebe.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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