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      Chi era questo Garibaldi? Molti, nel popolo, non lo sapevano ancora che vagamente. Un nizzardo, un soldato, che aveva combattuto in America e a Roma, quello che aveva condotto gli emigrati lombardi nel '59, un uomo biondo, vestito di rosso, buono, intrepido, povero, con una voce e uno sguardo che affascinavano, un paladino di tutti gli angariati, un vendicatore di tutte le ingiustizie, che con una mano gittava davanti a sč delle folgori e con l'altra accarezzava la fronte ai feriti e spandeva consolazioni e speranze. E allora si videro prodigi. Il suo nome passava come un soffio di fuoco sul paese, e per lui gli operai lasciavano le officine, gli studenti disertavano le scuole, i signori abbandonavano i palazzi e le ville, e le spose dicevano: - Va! - le madri non osavano di piangere, le fidanzate baciavano la sua immagine, i vecchi benedicevano, i fanciulli fremevano. Partire, raggiungerlo, attirare un suo sguardo combattendo, una sua parola cadendo, morire vedendolo passar vittorioso da lontano, era il sogno di tutti i giovani d'Italia. L'entusiasmo per lui spegneva in ogni parte passioni ignobili e bassi pensieri, rialzava cuori di scettici e anime di disperati, suscitava come nembi di scintille propositi di sacrificio e virili ambizioni in tutti gli strati del mondo sociale. Ed anche fuori della societą. E si videro in conventi solitari monaci rozzi e inerti, che non avevano mai amato nč compreso la patria, comprenderla ed amarla per la prima volta nel suo nome, e compiere o meditare il proponimento d'andar a combattere al suo fianco.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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