Pagina (98/248)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
     
      E qui ci arrestiamo perchè a spingerci più oltre nello studio dell'anima di Garibaldi ci manca l'ardimento e l'ingegno. Per compiere questo studio degnamente, per illuminare tutta quanta agli occhi nostri la grande figura di lui, dovremmo, prima di tutto, andar a cercare l'origine della maggior parte delle sue idee politiche, sociali, morali, e anche di molte consuetudini della sua vita privata, in quella specie di evo medio del nuovo mondo, in quel caos ardente di popoli giovani, selvaggiamente indomiti, spensierati ed eroici, agitantisi nella ricerca tumultuosa d'una forma civile di società e di governo e lottanti a un tempo contro la natura, la barbarie, l'anarchia e la tirannide; in mezzo ai quali egli temprò l'animo e la spada e si vestì d'un'armatura di gloria per le future guerre d'Italia. Dovremmo spiegare come nei grandi viaggi oceanici, nei lunghi silenzi pensieroi di marinaio innamorato del mare e del cielo, e uso a contemplare la società di lontano, a traverso al desiderio e alle immagini dolci e care dei ritorni, sia potuto sorgere in lui e farsi così saldo, da resistere all'urto d'ogni più dura esperienza delle cose e degli uomini, quel suo ideale d'un'umanità semplice e buona, d'una società rinnovata dalle fondamenta, retta dall'amore più che dalle leggi, e quasi vivente nell'innocenza dell'età primitiva; al quale accennava di continuo in forma vagamente profetica, quasi che temesse, determinando i propri pensieri, di distruggere in sè l'illusione amata. E ancora, in questo suo ideale splendido e fermo dovremmo dimostrare la ragione prima di quello sdegno amaro e generoso che lo dominò nell'ultimo periodo della vita, quando, dopo aver tanto operato per la patria, egli vide il moto maraviglioso della rivoluzione nazionale arrestarsi all'unità e alla libertà politica, lasciando qual'era la miseria delle plebi, permanenti l'ignoranza e la superstizione, intatti istituti decrepiti e privilegi odiosi e mille avanzi enormi e sinistri del passato, ch'egli credeva possibile spazzare a colpi di decreti e di leggi; e che questo non si facesse, gli pareva delitto di principi, tradimento di ministri, perfidia di parlamenti, stoltezza e ignavia codarda di popoli.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





Garibaldi Italia