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      Cadente il regno della tragedia classica e della commedia goldoniana e non ancor pregiate che dalla schiera colta le opere italiane dei nuovi ingegni e le poche buone che venivan d'oltralpe; appassionata la moltitudine per un bastardo romanticismo drammatico, nel quale ai pochi attori eletti che, pur piegando al falso, intendevano al vero, prevaleva un branco d'istrioni manierati e gonfi come il linguaggio dei loro eroi; miserrimo non per tanto lo stato della più parte delle compagnie comiche, preferendo l'aristocrazia il teatro francese e la borghesia la musica, a cui il teatro di prosa era anche peggio d'ora immolato; disparatissimi infine, senza confronto più che al presente, per essere smembrata l'Italia, i gusti delle varie cittadinanze, che dalla scena distraeva il presentimento, la preparazione, l'incalzarsi dei grandi avvenimenti politici: tali erano il teatro, l'arte, il pubblico quando Gustavo Modena sorse.
      In così aspro campo, in contro a tante forze ebbe a combattere, e combattè tutta la vita. - Memorando ardimento! - come disse dell'Alfieri il Leopardi. Gli è strappato il frutto di otto anni di fatiche dalla confisca austriaca del suo podere di Treviso; da una città all'altra d'Italia è costretto a viaggiare con le cautele d'un fuggiasco per evitar gli Stati donde è bandito; è relegato da ultimo dentro ai confini del Piemonte e della Liguria dove gli è forza di scendere fino ai teatri più miseri, e dalla salute mal ferma è ricondotto ogni inverno al suo romitorio di Torre Pellice, donde lo ricaccia alla scena, e dalla scena al commercio, il bisogno; ma non si perde d'animo mai.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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