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      Eppure mai, mai non si sentì dalla sua bocca una parola di rammarico, mai nemmeno un'espressione vaga di aspirazione a una vita più agiata e più signorile. Una cosa sola rimpiangeva di quando in quando: l'arte da cui s'era dovuto separare. Ma per quanto dicesse, fra le due dive nemiche, l'arte e la politica - l'una bella, splendida, sorridente, che lo chiamava - l'altra austera, dura, gelosa, che lo teneva - era questa quella ch'egli amava di più ardente amore - era la tiranna ingrata e spietata, che lo torturò e che l'uccise.
      Quale esistenza! Ricorriamola ancora con uno sguardo. Quale miracolo continuo di moto; di passione, di lavoro! V'è una frase d'una sua lettera che definisce la sua vita. - Son qui - scrive a un amico - in mezzo a una tempesta di cose, che mi porta via la testa. - E questa tempesta durò quanto egli visse; nè può immaginare quanto turbinosa ella fosse chi non gli stette per qualche tempo vicino. Non conoscono i più che la sua assiduità operosa al Parlamento, la sua attività insuperabile nei periodi di lotta elettorale, i suoi viaggi faticosi in provincie lontane a scopo di propaganda e d'inchiesta, e la sua produzione straordinaria di pubblicista. Ma di pari passo con l'opera pubblica egli ne mandava un'altra che pochi soltanto conoscevano, ed era il patrocinio generoso di cause oscure e di oppressi sconosciuti, era una corrispondenza cortese e pronta con innumerevoli amici, sollecitatori e postulanti ignoti, d'ogni classe e d'ogni natura, erano visite e corse da per tutto ov'egli fosse richiesto per consolare un dolore, per comporre un dissidio, per profferire una parola utile.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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