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      S'indovina la vita della città a primo aspetto. Non c'è, come a Firenze, il piccolo crocicchio, l'angoletto, la piazzetta, dove ognuno si pare a casa sua, dove è possibile il dialogo tra la strada e la finestra e la fermata d'un'ora con le spalle alla cantonata. Qui c'è per tutto la città aperta, larga, pubblica, che vede tutto, che non si presta al crocchio, che interrompe le conversazioni intime, che dice continuamente, come il poliziotto inglese: - Circolate, lasciate passare, andate pei vostri affari. - Si può essere usciti col miglior proposito di andare a zonzo: si finisce sempre con fissarsi una meta. A un certo punto si sente un po' di sazietà; l'artista si rivolta contro quella regolarità compassata. S'ha la testa così piena di angoli retti, di parallelismi, di simmetrie, di omologie, che, per dispetto, si vorrebbe poter scompigliare tutta quella geometria con un colpo di bacchetta fatata, che mettesse Torino sottosopra. Ma a poco a poco, come certi motivi monotoni, che, a furia di sentirli ripetere, ci si fissano nel capo irresistibilmente, così quella regolarità, a grado a grado, fa forza al gusto e soggioga la fantasia. Si prende amore a quell'uniformità che lascia la mente libera, a quella specie di dignità edilizia, non ancora offesa dall'insolenza ciarlatanesca della réclame colossale, a quelle corrispondenze di prospetti che s'indovinano prima di vederli, come le rime delle strofe metastasiane, a quella nettezza rigorosa, a quei grandi lembi rettangolari di cielo che ci si stendono sul capo, e a quelle vie lunghissime in cui insensibilmente il passo s'affretta, lo sguardo s'acumina, il petto si dilata, la mente si rischiara, e a quelle grandi piazze e a quei grandi giardini che fanno qua e là un largo squarcio improvviso, pieno d'aria e di verde, nella rete uggiosa delle strade gemelle.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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