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      Tutti camminano guardando diritto davanti a sč; si discorre senza rallentare il passo; poche conversazioni ad alta voce; nessuna apostrofe da un lato all'altro della strada; si parla a mezza voce, a frasi spedite, gesticolando in uno spazio circolare di non pił di due palmi di raggio, e risalendo prontamente sul marciapiede, per forza d'abitudine, ogni volta che s'č stati costretti a discendere. E gią, nelle strade frequentate, si vede, come nelle grandi cittą del nord, una gara ad arrivare i primi, a lasciarsi indietro chi ci cammina accanto, come se ogni vicino fosse un concorrente in affari. Tutte le scorciatoie sono utilizzate, si svolta rasente i muri, s'attraversa la strada di corsa, s'inseguono i tranvai, si fa folla agli incrociamenti delle carrozze e dei carri, e s'apostrofano carrettieri e cocchieri con voci e gesti impazienti di gente che ha i minuti contati. Ma una certa apparenza di gentilezza corregge il carattere un po' aspro di questa vita frettolosa di cittą industriale. I saluti sono premurosi, i cappelli s'abbassano profondamente, la gente si scansa con giri svelti e larghi, i bottegai riaccompagnano i compratori alla porta in atto cerimonioso, il cameriere si inchina all'avventore sulla soglia della trattoria, il fiaccheraio riverisce la "pratica", il venditore di giornali ringrazia del soldo con un buon augurio, le erbivendole si chiamano "madama", le due frasi spicciole del galateo torinese "ca fassa grassia" e "ca scusa" si sentono da ogni parte e ad ogni proposito come il "pardon" e il "s'il vous plait" a Parigi; la cittą fa i suoi affari alla lesta, ma con dignitą, da signora educata, non da rozza merciaia.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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