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      il fumo del sigaro del marito negli occhi, il manicotto della signora contro le mani e la testa del bimbo in un fianco. Chi non c'è abituato, può seccarsi sulle prime, e impazientarsi di quello strano modo di passeggiare; ma tutti, prima o poi, ci pigliano piacere. C'è non so che idea di intimità domestica in quel lento va e vieni di gente affollata sotto quegli archi, dinanzi a quelle vetrine splendide, che finiscono con lo stamparsi nella memoria, ad una ad una, come i mobili della casa propria; c'è un'apparenza come di affratellamento e di buon accordo universale, un'immagine viva di quell'unanimità di sentimenti e di propositi che fece forte e ammirato il popolo piemontese, qualche cosa di geniale e di benevolo, che non si sa ben dire, ma che mette un calor salutare nel petto, dalla parte sinistra.
     
      Torino, però, si presenta in molti aspetti molto diversi, che un forestiero non può osservare in pochi giorni. Ci son poche città che cambino viso così stranamente col cambiare della stagione e del tempo. Ha una bellezza sua propria quando è coperta di neve, quando le Alpi son tutte bianche, le colline bianche, i giardini, gli alberi dei viali lunghissimi, i larghi corsi, le grandi piazze, tutto bianco; specialmente di notte, quando a traverso la neve fitta, che vela la luce delle file interminabili dei lampioni, non si riconoscono più le vie, si confondono i crocicchi, la città sembra immensa, e nei vasti spazi deserti regna un silenzio cupo di città disabitata, in cui fuggono e spariscono come ombre impaurite le carrozze e la gente, e vi par spenta la vita per sempre.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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