Pagina (181/248)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      L'una sentivo che l'avrei scelta di preferenza per invitarvi degli amici a cena, e menarvi una vita allegra: mi pareva che sorridesse. In un'altra ci sarei stato pił volentieri a studiare, solo, raccolto, con una gran biblioteca: aveva un aspetto grave insieme e sereno. In una terza pensavo che non ci si potesse vivere che facendo all'amore, tanto aveva le forme snelle e la tinta gentile. Gli architetti di quelle case bisognava che fossero giovani simpatici; dovevano aver voluto dir tutti alcun che con quei disegni, e s'erano fatti tutti capire. Man mano che passavo per quelle vie, mi s'affollavano alla memoria versi, scene di romanzo, episodi storici, ariette d'opera. E alzando gli occhi ai palazzi, alle torri, ai campanili, agli archi grandiosi, mi cominciava a parere strano che, in luogo d'ispirare quell'ammirazione subitanea e profonda, mista quasi ad un senso di terrore, che sogliono ispirare i monumenti giganteschi, costringessero invece, quando si voleva esprimere con parole l'effetto delle loro bellezze, a servirsi degli aggettivi stessi che s'usano per designare un bel fanciullo, un bel fiore, un bel ninnolo, come: - Gentile, amabile, caro.... Guardando quelle torri, quei palazzi, sorprendevo spesso in me medesimo un desiderio bizzarro, come di fare scorrere la mano su quei contorni, di palpare quei rilievi; e con questo desiderio, una specie di sollecitudine gelosa per quelle moli enormi di pietra, come se temessi che la menoma forza le potesse offendere e sciupare; e con questa sollecitudine, un bisogno vivo e continuo di correrle e di ricorrerle con quello sguardo d'amante che avvolge, e striscia, e lambe, e si stanca sulle forme amate.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248