Pagina (205/248)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Altri, negli angoli lontani, stanno ammirando le statue, e per persuadersi che sono di marmo metton loro le mani sulle spalle, sulle braccia, sulle ginocchia, come fanno i ciechi per riconoscere. Un gruppo di bersaglieri è estatico davanti a San Longino. Parlano tra di loro. Mi avvicino e colgo la sentenza finale d'uno di essi, che mi ha l'aria di un monferrino: "A j'è nen a dije; a l'è un bel travaj" (non c'è che dire; è un bel lavoro).
      Siamo sotto la cupola. Su la testa. Ah! qui l'effetto è veramente prodigioso! È bello il vedere il mutamento che si fa in tutti i visi appena si voltano in su. Molti, appena guardato, chinano la testa e chiudono gli occhi, come se avessero intraveduto l'abisso. In altri il viso e l'occhio s'illuminano come a una visione di cielo. È una maraviglia che ha dell'estasi. È il solo punto della chiesa in cui collo sguardo si sollevi al cielo il pensiero. Nelle altre parti è enormità che stupisce e splendore che abbaglia, non grandezza che ispira; ci si sente il teatro; si pensa più alle fatiche e ai milioni che vi si profusero, che all'Idea cui furono consacrati; più ai pittori e agli scultori, che agli angeli e ai santi. L'anima è così tenacemente legata alla terra dalle maraviglie dell'arte, che a sprigionarla e a levarla in alto occorre assai maggior forza e più difficile lotta che non a farla uscir vittoriosa dalle tentazioni esterne della vita, contro cui la chiesa dovrebbe servir di rifugio.
      Si va innanzi, indietro, a destra, a sinistra, e man mano che si procede la testa si fa pesante e la vista s'intorbida.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





San Longino Idea