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      Il muro è coperto di lastre di marmo dove son segnati i nomi di tutti i principi del mondo che salirono alla cupola. C'è l'iscrizione di Ferdinando II di Napoli. Sotto, appoggiate al muro, ci stanno otto daghe da bersagliere. Più su, a ogni passo, cappelli coi pennacchi, cheppì, sciabole di cavalleria, cinturini, giberne. Sopra la testa e sotto i piedi, un fracasso da stordire. Sono squadre intiere di soldati che scendono, salgono, s'incontrano, si salutano, si esprimono l'un l'altro lo stupore e l'allegria. Già si leggono pei muri le loro iscrizioni, poichè il soldato, per dove passa, lascia sempre traccia di sè. Sotto quella del Borbone che dice: "Re del regno delle due Sicilie, salì nella cupola ed entrò nella palla", si legge: "Tale dei tali, allora caporale del genio, ha avuto l'onore di salutarlo a Gaeta".
      Oh, ecco una finestra, guardiamo giù. E non si canzona! Siamo già oltre il tetto dei più alti palazzi. Si ripiglia la salita, si cammina altri dieci minuti, ecco una porta: si esce al cielo aperto. Eccoci sul tetto della chiesa: è una piazza d'armi. Si vede da una parte un edifizio rotondo, alto quanto una chiesa ordinaria: non è altro che una delle cupolette minori che fanno da stato maggiore alla principale. È grande e stupenda, ma nessuno la guarda; non s'ha tempo per guardare tutte le minuzie. Si corre al parapetto, si guarda nella piazza: è un formicaio. Si guardano le statue che sorgono in fila sul sommo della facciata: che moli! Piedi che non istanno sul tavolino dove scrivete; pieghe dei panni in cui si può nascondere un uomo; dita che paiono clave.


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248

   





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