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      Una gran muraglia nera e una gran porta son tutto quello che mi ricordo della parte esterna. Il primo momento in cui ci si trova davanti a qualche cosa, di straordinario e di grande non resta mai distinto nella memoria. La porta s'apre, entriamo in una specie di vestibolo, e udiamo una voce che dice: - Qui v'erano le celle pei signori romani che non volevano bagnarsi in pubblico. - Non si guarda, si va innanzi altri pochi passi: ci siamo.
      Guardiamo un pezzo in silenzio.
      Siamo in mezzo a un campo cinto da quattro muri altissimi. Nel muro dirimpetto a noi v'è una gran porta per cui si vede un altro campo. In fondo a questo una seconda porta, in dirittura della prima, per cui si vede un altro campo ancora, e via via, fino a un muro lontanissimo che sembra chiudere l'edifizio. Alla nostra sinistra una porta come le prime, e altri campi, e altri muri, e altre porte; e tutto deserto e silenzioso come una città abbandonata.. Guardiamo in terra: v'è ancora in un angolo un pezzo di pavimento di mosaico uguale e intatto come fatto ieri. In alcuni punti il terreno s'alza, in altri s'abbassa. Vicino al muro v'è un tronco di statua; accanto alla porta alcune nicchie vuote.
      - Qui c'era un grandioso porticato, - dice uno. Non ve n'è più traccia, andiamo innanzi. È una solitudine che fa quasi paura. Eccoci nel secondo recinto. Muri, porte e mucchi di terra come nel primo, e deserto, e silenzio. Oh! eccoci nel centro dell'edifizio. Di qui si capisce qualcosa. Vediamo.
      Guardo intorno: che triste e grande spettacolo!


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Speranze e glorie
Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma
di Edmondo De Amicis
F.lli Treves Editore Milano
1911 pagine 248