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      Ah sono scontento, scontento! Io vedo bene che mio padre è di malumore, e vorrebbe dirmelo, ma gli rincresce, e aspetta ancora; caro padre mio, che lavori tanto! Tutto è tuo, tutto quello che mi vedo intorno in casa, tutto quello che tocco, tutto quello che mi veste e che mi ciba, tutto quello che mi ammaestra e mi diverte, tutto è frutto del tuo lavoro, ed io non lavoro, tutto t'è costato pensieri, privazioni, dispiaceri, fatiche, e io non fatico! Ah no, è troppo ingiusto e mi fa troppa pena. Io voglio cominciare da oggi, voglio mettermi a studiare, come Stardi, coi pugni serrati e coi denti stretti, mettermici con tutte le forze della mia volontà e del mio cuore; voglio vincere il sonno la sera, saltar giù presto la mattina, martellarmi il cervello senza riposo, sferzare la pigrizia senza pietà, faticare, soffrire anche, ammalarmi; ma finire una volta di trascinare questa vitaccia fiacca e svogliata che avvilisce me e rattrista gli altri. Animo, al lavoro! Al lavoro con tutta l'anima e con tutti i nervi! Al lavoro che mi renderà il riposo dolce, i giochi piacevoli, il desinare allegro; al lavoro che mi ridarà il buon sorriso del mio maestro e il bacio benedetto di mio padre.
      Il vaporino
      10, venerdì
      Precossi venne a casa ieri, con Garrone. Io credo che se fossero stati due figliuoli di principi non sarebbero stati accolti con più festa. Garrone era la prima volta che veniva, perché è un po' orso, e poi si vergogna di lasciarsi vedere, che è così grande e fa ancora la terza. Andammo tutti ad aprir la porta, quando suonarono.


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Cuore
di Edmondo De Amicis
pagine 303

   





Stardi Garrone