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      Il ragazzo afferrò la mano del malato. Questi aprì gli occhi, lo fissò, e li richiuse.
      In quel punto parve al ragazzo di sentirsi stringere la mano.
      - M'ha stretta la mano! - esclamò.
      Il medico rimase un momento chino sul malato, poi s'alzò. La suora staccò un crocifisso dalla parte.
      - E morto! - gridò il ragazzo.
      - Va', figliuolo, - disse il medico. - La tua santa opera è compiuta. Va' e abbi fortuna, che la meriti. Dio ti proteggerà. Addio.
      La suora che s'era allontanata un momento, tornò con un mazzettino di viole, tolte da un bicchiere sulla finestra, e lo porse al ragazzo, dicendo: - Non ho altro da darti. Tieni questo per memoria dell'ospedale.
      - Grazie, - rispose il ragazzo, - pigliando il mazzetto con una mano e asciugandosi gli occhi con l'altra; - ma ho tanta strada da fare a piedi... lo sciuperei. - E sciolto il mazzolino sparpagliò le viole sul letto, dicendo: - Le lascio per ricordo al mio povero morto. Grazie, sorella. Grazie, signor dottore. - Poi, rivolgendosi al morto: - Addio... - E mentre cercava un nome da dargli, gli rivenne dal cuore alle labbra il dolce nome che gli aveva dato per cinque giorni: - Addio, povero Tata!
      Detto questo, si mise sotto il braccio il suo involtino di panni, e a lenti passi, rotto dalla stanchezza, se n'andò. L'alba spuntava.
      L'officina
      18, sabatoPrecossi venne ieri sera a rammentarmi che andassi a vedere la sua officina, che è sotto nella strada, e questa mattina, uscendo con mio padre, mi ci feci condurre un momento. Mentre noi ci avvicinavamo all'officina, ne usciva di corsa Garoffi, con un pacco in mano, facendo svolazzare il suo gran mantello, che copre le mercanzie.


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Cuore
di Edmondo De Amicis
pagine 303

   





Tata Garoffi