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      Già s'era fatto innanzi sul palco il mio piccolo maestro di seconda, col suo capo rosso e i suoi occhi vispi, che doveva leggere i nomi dei premiati. S'aspettava che entrassero i dodici ragazzi per porgere gli attestati. I giornali l'avevan già detto che sarebbero stati ragazzi di tutte le provincie d'Italia. Tutti lo sapevano e li aspettavano, guardando curiosamente dalla parte donde dovevano entrare, anche il sindaco, e gli altri signori, e il teatro intero taceva...
      Tutt'a un tratto arrivarono di corsa fin sul proscenio, e rimasero schierati lì, tutti e dodici, sorridenti. Tutto il teatro, tremila persone, saltaron su, d'un colpo, prorompendo in un applauso che parve uno scoppio di tuono. I ragazzi restarono un momento come sconcertati. - Ecco l'Italia! - disse una voce sul palco. Riconobbi subito Coraci, il calabrese, vestito di nero, come sempre. Un signore del municipio, ch'era con noi, e li conosceva tutti, li indicava a mia madre: - Quel piccolo biondo è il rappresentante di Venezia. Il romano è quello alto e ricciuto. - Ce n'eran due o tre vestiti da signori; gli altri eran figliuoli d'operai, ma tutti messi bene e puliti. Il fiorentino, ch'era il più piccolo, aveva una sciarpa azzurra intorno alla vita. Passarono tutti davanti al sindaco, che li baciò in fronte uno per uno, mentre un signore accanto a lui gli diceva piano e sorridendo i nomi delle città: - Firenze, Napoli, Bologna, Palermo... - e a ognuno che passava, tutto il teatro batteva le mani. Poi corsero tutti al tavolino verde a pigliar gli attestati, il maestro cominciò a leggere l'elenco, dicendo le sezioni, le classi e i nomi, e i premiandi principiarono a salire e a sfilare.


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Cuore
di Edmondo De Amicis
pagine 303

   





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