Pagina (6/117)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      E a proposito nostro molti ne trassero la conseguenza, che una terra molle e dilettosa a sè simili producendo gli abitatori, noi non sappiamo durare nelle virili fatiche d'un vivere libero; estendono questa regola a tutte le così dette razze latine; e al più ci concedono la facoltà di sentire il bello, di modulare cantilene soavi, di tessere versi armoniosi, di splendere, dominare talvolta con tutto quello che dalla imaginazione dipende. Io non perderò tempo a sconfiggere questa opinione, che non ispiega per nulla i più alti fenomeni della storia.
      Altri ricorrono invece al principio della razza. - Osservate, per esempio vi dicono, l'inconcepibile ardore, l'attività sempre infaticata della razza anglo-sassone nelle cose di religione, come di politica, nella carità, come nelle scienze, ne' viaggi, come negli affari. In un'isola non vasta, sopra un suolo mediocre, con un clima infelice, lottò dodici secoli e giunse alla testa de' popoli. Emigrando in America, benchè si trovasse recinta da tante larghezze e benedizioni della natura, non cessò dalla sua attività impetuosa e in sessant'anni, moltiplicando i doni della natura, accumulò quanto avea accumulato in patria con gli sforzi di secoli. E seppe in ogni luogo trarre dall'anima propria un modo di governarsi; onde la diresti congenita alla libertà, e questa ti sembra una pianta che robusta non vive se non coltivata dalle sue mani. Ch'è questo? Invece lo Spagnuolo non fa che miseramente vegetare in quel paradiso del Messico; sulle coste affricane, sebbene condotto da Carlo V, non seppe che porre il piede e serbarsi tanto spazio che basti a una casa di forza; di libertà non conosce che il nome; la cerca sanguinoso da secoli; ma quando l'ha, la discaccia.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





America Spagnuolo Messico Carlo V