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      Ond'io affermo in codesto senso la vita d'Italia essere una questione teologica, e Roma il vero e supremo punto della rivoluzione in Europa.
      Nč sgomentarti al vocabolo teologia. Non intendo condurti nč altri condurre per la selva selvaggia della scolastica. Ma non č possibile trascurare questo punto. La religione d'un uomo, d'un popolo dee sempre essere l'adeguato della sua scienza, perchč dee contenere l'ideale della sua vita; se la logica rimane sempre una, se le veritā scientifiche non possono essere niegate, nč variare per clima o per anno, se la umanitā ha vita propria, che si disviluppa nello spazio e nel tempo, formando e determinando quella infinita corrente che si dice progresso, noi parlando di religione non possiamo parlare che di ragione. Quella non č costituita che dai pių larghi e sicuri risultati di questa.
      Molti sorridono a tali problemi. Chi crede pericoloso, chi vano il dibatterli, e perdurano indifferenti, come la cosa non li riguardasse. Altri niegano ed opinano che ciō basti, mettendo quasi in ridicolo il sentimento religioso dell'uomo. I primi ed i secondi che pure formano la gran maggioranza, tolte le immense legioni de' creduli, fortemente s'ingannano. Qual meraviglia se certe credenze rinascano sulle tombe stesse degli uomini, che reputavano averle distrutte? L'indifferenza č sterile; non č che ingombro sulla via a chi vuol camminare. Dall'altra parte la critica č impotente, se distruggendo non crea. Tutto abborre dal vuoto. E se dottrine, che sono in aperta contraddizione con la scienza, la civiltā ed ogni ragione della vita civile, mentre noi le crediamo sepolte, riacquistano una parte delle posizioni perdute, ottengono di nuovo, se non la fede efficace ed attiva, l'adesione esterna e la sudditanza officiale, la colpa č di quelli, che, sebbene animati dalla vita nuova, depositarii dell'umane speranze, consci degli errori, non li combattono schiettamente, e poste in oblio le infeconde polemiche, non si consacrano a formulare e diffondere le credenze, che sole possono reggere il mondo, e il di cui germe fu giā deposto nelle coscienze dalla filosofia e dalla scienza.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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