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      Quegli però che più valse a diffondervi le idee riformate, fu lo spagnuolo Giovanni Valdes3. Gentiluomo di Cuenca nella Nuova Castiglia, nacque ad un parto con Alfonso, segretario del grancancelliere imperiale Mercurino Arborio di Gattinara, poscia di Carlo V; ed Alfonso fu dagli storici il più delle volte confuso con Giovanni. Questi, fin dal 1528 col fratello difensore ed amico di Erasmo, collegò di buon'ora l'eleganza delle lettere alla pietà cristiana, un instancabile amore per lo studio alle idee riformate. Venuto di Roma a Napoli nel 1533, segretario particolare, egli sembra, del vicerè don Pietro di Toledo, non lasciò più questi luoghi; e meritò che il Curione lo dicesse nobilissimo cavaliere di Cesare, ma vieppiù onorato e splendido cavaliere di Cristo. Dotto nel greco e nell'ebraico, scrittore spagnuolo di rara eleganza, onde il suo dialogo sulla lingua gode ancora di classico nome per le cose e per la forma, professò di buonora, come tanti altri uomini letteratissimi, vescovi, cardinali ed anche inquisitori, il domma della giustificazione per la fede, ch'è il fondamento e la chiave delle idee riformate; poi imprese a sostenerlo e a propagarlo colla penna e colle opere. Tradusse ed espose i salmi dall'ebraico, volse dal greco e commentò largamente l'epistola ai Romani e quella prima a' Corinti; dichiarò nel suo libro delle Cento e dieci Considerazioni gli uffizi dell'uomo cristiano; ed altre pie cose scrisse che in parte sono smarrite. Era di bello e placido aspetto, di modi gentili e dolci; aveva ineffabile soavità nel parlare; onorato pel grado, per l'intelletto e per la santità della vita, egli sembrava nato pastore di persone nobili e illustri, abbenchè fosse di tutta benignità e affetto verso ogni piccola e rozza creatura, ch'ei sperasse guadagnare a più pura fede.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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