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      Viterbo di cui era vescovo il cardinal Polo, Ferrara per la corte della duchessa Renata e la casa del Valdes sono i tre massimi centri della riforma in Italia, per cui sursero tante chiese evangeliche, dalle quali si sentì minacciata un momento quella di Roma. Il Valdes fu legato con tutti i più chiari novatori del tempo; esso, l'Ochino ed il Martire furono detti a ragione il triumvirato della chiesa napoletana.
      Era a que' giorni preposto nell'agostiniano collegio di san Pietro ad Aram, il fiorentino Pier Martire Vermigli, che vinto a sedici anni da religioso fervore, e messosi in un convento di Fiesole, ben presto saliva in gran fama di virtù e di sapere. Appena in Napoli stretta col Valdes una profonda amicizia, questi lo sostenne nelle sue lotte col dubbio e lo determinò per la nuova dottrina; poichè il Martire non avesse trovato nel suo ordine e nella Chiesa che i sembianti della pietà e non la pietà vera, turpi costumi, cadente ogni forma ed accanita opposizione a qualunque rimedio. Ei gli dipinse qual fosse la riforma germanica; gli fornì molti libri delle Zwinglio, del Bucero e del Melantone già sotto infiniti nomi volgarizzati, e lo trasse al domma dell'umana giustificazione per la grazia.
      Subito corse rumore che a Napoli i protestanti abondassero; e in sull'aprirsi dell'anno 1536 Carlo V bandiva rigoroso editto contro di loro in tutti i suoi regni. Il quale però a Napoli non condusse persecuzione veruna, o perchè que' sapessero con arte occultarli, o perchè il Valdes efficacemente valesse a proteggersi, meglio perchè non ancora la chiesa di Roma avesse avvertito il pericolo e nell'inquisizione medesima non mancassero i seguaci della riforma.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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