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      Lo che manifesta l'impaccio di que' giudici, i quali, combattuti dall'interesse e dalla coscienza, tentavano salvare l'uno e l'altra. Il Mollio fu rimandato a Bologna, ma con ordine di non ispiegare più oltre le lettere paoline. Ciò accadde nel 1537. Ei non badò punto all'ordine, e continuò tra gli applausi de' moltiplicati uditori, trovando a suo spontaneo collaboratore Giovanni Battista Rotto, partigiano del domma protestante sulla grazia, sostenuto dal vescovo Morone, dal cardinal Polo, da Vittoria Colonna, ed altri potenti, presso i quali raccoglieva danari per essere di aiuto ad eretici poveri e occulti5, operazione alla quale intese più anni anche monsignor Carnesecchi.
      Non è maraviglia, se con tali sostegni e siffatti propagatori, che all'ombra della università con magnanima voce arditamente avviavano gli animi verso una libertà, del pari nemica al dispotismo politico ed alla teocrazia, le nuove opinioni si diffondessero ed abbarbicassero tanto che parecchi anni più tardi, ad onta dell'inquisizione e di numerosi martiri, un gentiluomo di Bologna scrivesse a Baldassare Altieri di essere pronto ad armare 6000 uomini pel partito evangelico, quando si volesse far guerra al papa. Onde il cardinale Campeggio persuadeva il pontefice a rimuovere il Mollio dall'università bolognese, e mandavalo a Napoli a gareggiar nel lavoro coll'Ochino che stava per ritornare, col Valdes e col Martire. Quegli non desistette dall'opera che prigioniero dell'inquisizione. Moriva intrepido tra le fiamme; appellandosene al tribunale di Dio e all'avvenire, atterriva morendo la coorte de' suoi eminentissimi giudici.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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