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      Scorgendosi riveriti dal mondo circostante, al quale imponevano le loro mode, le idee loro, estimarono troppo facilmente vincibile la sola forza; composero libri, estimando accendere rivoluzioni. Ma i libri furono arsi; e le fiamme di que' libri servirono a bruciarne gli autori. E tutto fu detto. S'onorò sempre alcun che di divino nella vittoria. Il popolo dapprima guardò atterrito; indi a poco dimenticò il suo sgomento e que' martiri, docile inchinando il capo alla religione della forza, perchè il più delle volte stima la forza una manifestazione di Dio. Così la Chiesa, cui quelli con le più logiche ed evidenti ragioni avean dimostrata falsa, avean dipinto e credevano scheletro, ancora sussiste; anzi fu resa più scheletro dalle fucilate del 1849 che dalle nostre biblioteche. Tutto conferma la profonda opinione di fra Paolo. Il quale una volta scriveva a un amico straniero: - Il durar della Chiesa giudico dipendere da un sottil filo; cioè dalla pace d'Italia. Voi di qua lontani non potete intendere quello che a noi si mostra chiaramente. Vogliate credermi; una volta mossa la guerra in Italia, vinca il Pontefice o sia vinto, non importa, la cosa è spacciata: essi medesimi il sanno13. - Noi l'abbiam visto; e meglio in seguito lo vedremo. Ma invece, aspettando all'odierno modo, aspetteremo secoli e nulla sarà cangiato.
      Quando non si tocchino i popoli ne' loro pregiudizi, nelle superstizioni loro, un governo, tanto più se sacerdotale, può fare di spesso tutto quello che vuole. Non altrimenti Roma potè niegare la luce, abbruciarne gli apostoli, lasciando nelle membra del corpo sociale italiano una profonda soluzione di continuità, dividendo cioè per tre secoli la testa dalle braccia, onde il popolo non più intendesse il linguaggio delle sue intelligenze.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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