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      Alla crudeltà delle pene collegavasi l'ipocrisia delle forme misericordi; dolci, pietosissime le parole; quindi la tortura e le fiamme. Data la sentenza, secondo antichissima cerimonia, il condannato al rogo dovea comparire in santa Maria della Minerva, al cospetto de' suoi giudici presieduti da un cardinale, a cui baciava genuflesso l'anello per ringraziarlo dell'inflittagli pena a salute dell'anima sua.
      VII
     
      L'INQUISIZIONE E I GOVERNI ITALIANIQui s'apre una sanguinosa passione per tutta Italia, qui comincia la nostra agonia intellettuale e quel lutto che la nazione non può ancora intieramente deporre, non avendo potuto liberare le proprie viscere dal male, che lo produsse ed è in istato di riprodurlo. Le memorie di siffatta passione giacquero sigillate gran tempo dalla gelosia religiosa. Ora che i sigilli son tolti, gioverà ridestarle con affetto di patria. Io, trascrivendo un truce episodio di que' tempi, mi appagherò nel tracciare alcune linee, che dimostrino la grandezza della nostra sventura, e spronino gl'Italiani a meditare sulle storie di religione, che sono pur quelle della loro coscienza, rivelatrici delle inflessibili leggi che niegano od affrettano la libertà ed il fiorire d'un popolo.
      Ordinato quel tribunale in Roma e nello Stato ecclesiastico, furono invitati i governi per mezzo dei nunzi a riconoscere ed accettare la nuova legge ed i nuovi giudici, osservando quella, prestando a questi il braccio secolare nell'esecuzione degli ordini e delle sentenze.
      Era morta la libertà; perfino il di lei desiderio pareva una vecchia e pallida rimembranza.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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