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      Si arse in più luoghi il libro ciceroniano De Natura Deorum. Venne istituita censura su tutte le opere ortodosse, composte prima del 1514, per correggere in esse quanto sembrasse nocivo all'autorità pontificia, sostituendovi opinioni più acconce agli interessi di Roma. Si corresse Leon Battista Alberti, che nel suo trattato d'architettura raccomanda nelle chiese un altare unico; si modificò persino le preci di qualche papa, come quella composta nell'850 da Leone IV; si pose mano sacrilega ne' monumenti più celebri dell'italiana letteratura. Si volle, ma invano, seppellire la storia.
      La guerra alla stampa fu sì tremenda, tanta moltitudine di libri fu arsa, che secondo un autore ecclesiastico, parea rinnovato l'incendio di Troia. Non vi fu biblioteca publica o privata che non abbia grandemente sofferto in ogni luogo d'Italia, e non senza lamenti, danni e tumulti di popolo. I Giunti di Firenze, per isfuggire al fallimento si rassegnarono a stampar breviari, ed emigrarono a Venezia; il Torrentino disertò la Toscana per Mondovì, il lucchese Pietro Perna pose tipografia a Basilea. Alcuni libri scomparvero. Il Beneficio di Cristo attribuito attribuito ad Aonio Paleario - ma ora sembra d'un discepolo del Valdes, benedettino napoletano, e corretto dal Flaminio che a molti lo lesse in Viterbo - benchè in un decennio ristampato almen nove volte nella sola Venezia, ove ne corsero, senza contare le altre edizioni contemporanee, quaranta mila esemplari, pure fino al 1849 si credette perduto.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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