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      Quindi la futura tormentatrice di Galileo in un secolo colto, e in un paese già umano per civiltà secolare, si diede a insevire su alcune migliaia di contadini calabresi, i quali ripetevano sangue e fede dalle valli del Piemonte, stabilitisi fra Cosenza ed il mare. In essi non era nemmanco l'intenzione, tanto meno la colpa dell'offesa. Essi giacquero inulti per la giustizia; i figli obliarono il sangue e le tombe de' loro padri. Ma presto o tardi ogni cosa coopera alla vittoria del vero; e viene il giorno nel quale anche i morti risuscitano a chiedere ragione, anche i morti si mescolano ai vivi nell'abbattere istituzioni che sbarrano la via trionfale dell'umanità. Come di questa la vita è collettiva, così dev'essere collettiva, nella somma de' tempi, la sua vendetta.
      Come e perchè que' Valdesi in Calabria giungessero, abbenchè ne discorrano tutti gli storici delle valli, tenebra fitta ravvolge. I principii di quelle colonie risalgono certamente alle persecuzioni religiose dei secoli decimoterzo e decimoquarto, se non prima. Eretici di diverso nome e d'origini diverse, sebbene talvolta non formino che una cosa sola, Catari, Poverelli, seguaci del Libero Spirito, Paterini, Valdesi, stanno a quel tempo sopra ogni punto dell'italiana penisola. Se manifestano alcuni provenienze straniere, orientali in ispecie, quasi tutti gli altri derivano dalle montanine popolazioni abitatrici le valli dell'Alpi occidentali. La storia loro non ancora fu fatta.
      Ei sembra che fino al duodecimo secolo abbiano formato parte di quella che allora dimandavasi Diocesi d'Italia, abbracciante a un di presso la Lombardia ed il Piemonte, seco lei conservando nella gerarchia, nella forma e ne' riti indipendenza religiosa da Roma, che lavorò lunga pezza a guadagnarsi la sudditanza di quella regione.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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