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      Quindi respingevano le conseguenze di tali novità; niegavano riverenza a qualunque imagine sacra; non accoglievano il suffragio per le anime degli estinti, l'acqua benedetta, la consacrazione delle chiese, le indulgenze, la dottrina del purgatorio e altre simili cose. Stranieri alle false decretali, alle false divozioni, alle false leggende, alle false reliquie, di cui Roma tien ancora negozio, ai falsi miracoli, a quella falsa giurisprudenza canonica infine, per cui il papa è come Dio, può tutto e nell'armadio del suo petto racchiude il tesoro di tutti i diritti, non concedono che a Dio creatore la possanza di perdonare i peccati; rifiutano qualsiasi autorità al clero ed al papa; ignorano la scolastica teoria de' sette sacramenti, non serbando che i due primitivi, il battesimo e l'eucaristia; sdegnano infine il regime delle caste, che con sapiente industria ristabiliva la Chiesa, onde non trovasi fra di loro la menoma traccia di ecclesiastica gerarchia. Se gli apostoli eran laici, perchè qualunque buon laico non sarebbe egli prete, come i discepoli primi di Cristo? Per lo spazio di molti secoli, i loro ministri, detti Barbi23, in nulla distinti dagli altri fratelli, ebbero ed hanno famiglia; tutte le loro funzioni erano volontarie e gratuite; a consacrarli ministri, imponevasi loro le mani; e dovevano per vivere esercitare una professione come gli apostoli.
      In mezzo all'incredibile dissolutezza del clero, all'invasione delle più matte o superstiziose credenze, al morale disordine che tutto contaminava, questa purità di costumi, questa ragionevole semplicità di dottrine era l'amarissima delle proteste contro la chiesa di Roma, contro la Babilonia moderna.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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