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      Perciò i Barbi, ministri loro, che visitavano li sparsi seguaci, pellegrinando dalle materne valli all'estreme Calabrie, ogni sera trovavano sicuro ospizio e devoti fratelli. Federico II, obedendo alle ispirazioni di papa Onorio, emanava contro di loro un terribile editto; in quello del 1244 li ricorda e maledice anche siccome corruttori della Sicilia. Gregorio IX li fulminava con una bolla per abbandonarli al braccio secolare, dichiarandoli infami fino alla seconda generazione; il magistrato di Pinerolo, dietro un editto di Tomaso di Savoia, che giungeva dalle stragi albigesi, nel 1220 vietava ad ogni cittadino di ospitare uomini o donne delle Valli; nel 1400 l'Inquisitore Borelli, martoriati ad ogni modo i Valdesi di Susa, santificò il Natale movendo contro quelli del Pragelato, uccise quanti incontrò e quanti fuggendo non perirono di fame e di freddo, tra cui cinquanta e più donne co' loro lattanti al seno; nel 1476 altra persecuzione soffersero sotto la duchessa Jolante; ogni anno dipoi, a capriccio de' duchi o de' frati, i Valdesi sparsi a Cuneo, a Torino, ecc., appena scoperti venivano impiccati, strangolati od arsi, finchè nel 1488 Innocenzo VIII d'in mezzo a' suoi dodici figli bandiva regolare crociata contro di loro. E vi si commettevano in nome di Cristo abominevoli carnificine. Nella valle Loyse quattrocento fanciulli morirono soffocati nelle caverne, 3000 persone furono spente, ma subito vendicate sull'esercito de' crociati quasi distrutto, mentre assaliva la valle d'Angrogna.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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