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      E a comprenderlo basteranno brevissimi cenni. La guerra all'eresia riempie l'intiera sua vita. Nato umilmente a Bosco presso Alessandria, quattordicenne fuggiva la casa paterna per farsi domenicano; consacrava a difendere la fede ortodossa quel sereno ed implacato entusiasmo, che versando fiumi di sangue crede far opera meritoria presso il Signore; avea costumi austerissimi; distribuiva ai poveri quanto possedeva; ma sentiva della fede e della potestà pontificia in maniera da ricacciare il mondo nella barbarie, se fosse stato possibile. - Tutto è buono, ei diceva più tardi a Filippo II, per disfarsi de' nemici e degli apostati! - Ed applicava questa massima a tutti coloro che in materia di religione a suo modo non la pensavano, od egli sospettava non la pensassero; ei faceva consistere la clemenza nel punire severissimamente i colpevoli, coloro ch'ei reputava colpevoli. Redivivo Domenico, nato inquisitore, lo divenne presto; e il solo suo nome, di fra Michele dell'inquisizione, atterriva. A Como fu quasi lapidato più volte; a Morbegno, Valtellina, poichè volesse processare il Planta vescovo di Coira, senza citarlo nè nominar testimoni, s'ebbe a mala pena salva la vita dall'ira del popolo; mandato a Bergamo, incominciò ad inquisire contro il suo antecessore e contro lo stesso vescovo, Vittor Soranzo; onde la signoria di Venezia troncò il processo, e sbandì l'insolente domenicano. Paolo IV lo nominò cardinale ed unico grande inquisitore con poteri assoluti che dovevano essere in una sola mano, perchè - osservava il Caraffa - non si guastassero le cose con iscusa di umanità e di dolcezza.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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