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      Appena la corte ed il popolo romano lo seppero ne sentirono raccapriccio. E l'inquisizione apparve qual'era, e diceva il Paleario, un pugnale levato contro qualunque studioso. Ma il Ghislieri dimostrò ch'era peggio.
      Ei sembra che il cardinale Alessandrino rispondesse al cappellano, affidandogli l'incarico di lasciare qualunque altra cura per tutto consacrarsi all'estirpamento dell'eresia. E gli diè per compagni alcuni Gesuiti dianzi venuti per lo stesso fine in Calabria, Lucio Crucio e Giovanni Saverio, sotto la direzione del vescovo cosentino. E costoro s'accinsero all'opera. Comparvero dapprima in que' luoghi, ostentando forme e parole soavi; dicevansi amici e non venuti per altro che per esortarli a licenziare e non ricevere que' loro maestri forestieri che li pervertivano, a vivere cattolicamente sicuri e tranquilli. Nulla fruttando gli amorevoli uffici, dichiaravano che nel caso contrario avrebbero tra non molto a soffrire nella vita e nelle sostanze, poichè sarebbero degni de' supplizi serbati agli eretici. Lo che pose sgomento grandissimo.
      Al giungere del Pascale tutto era inquietudine; gli animi nella lor fede oscillavano. Ei si diede a predicare le dottrine evangeliche con aperto entusiasmo, prima a san Sisto, poi a Guardia, riaccese il fervore e il coraggio, diffuse in breve le sue credenze per le terre circostanti e trovò anche in Basilicata non pochi seguaci.
      Il cavaliere Spinelli che fino a quel punto avea lasciati tranquilli i Valdesi non potendo esserne che soddisfatto, per non cadere in sospetto dell'inquisizione e salvare sè stesso, reputò necessario ricorrere a misure di rigore.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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