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      Quivi egli ed altri sei colpevoli dello stesso sacrilegio, intonacati di pece, li 28 giugno arsero sulla piazza, come torcia di resina, al cospetto del popolo. Il Panza era dotto; almeno conosceva la storia di Nerone.
      Il marchese di Buccianico non mostrossi inferiore ai Domenicani. Ei non volle risparmiate le donne. Ne raccolse un centinaio delle più vecchie, e le fe' torturare. Alcune perirono dell'incancrenite piaghe, non permettendo l'Inquisizione fosser curate; molte furono giustiziate, per poter fare la mistura perfetta, dice un testimone oculare46; qualcuna fu arsa; le più belle scomparvero. Ignoriamo se al fratello del marchese fu concessa la sacra porpora; egli però l'ha guadagnata in coscienza.
      Ricapitolando l'eccidio, ne' primi undici giorni di giugno furono eseguiti 2000 individui; superstiti alle prime stragi e prigioni ma condannati li 12 restavano a Montalto 1600 persone, che poscia di mala morte finivano. Molti vagavano ancora per la campagna, a brigatelle di quattro o cinque, pochissimi in arme; e i soldati ammazzavanli qua e là, secondo incontravano. Alcuni dì dopo fu messo un premio di dieci scudi per testa a chi ne traesse in carcere. Onde li 27 giugno, a malgrado delle numerose esecuzioni quotidiane, popolavano ancora le carceri 1400 Valdesi. Gli uni ebbero la gola tagliata; altri il corpo a mezzo segato, altri furono precipitati da roccie e da mura. Ed apparvero in quel martirio mirabili esempi di costanza e di fede. Il padre vedeva uccidere il figlio, e il figlio uccidere il padre; e a vicenda s'inanimavano a patire con rassegnazione, dipingendosi le immortali ricompense dell'altra vita, lieti dicendo che così diverrebbero angeli di Dio.


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L'inquisizione e i calabro-valdesi
di Filippo De Boni
Daelli Milano
1864 pagine 117

   





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