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      Sono due caratteri combinati di degradazione, che si pronunciano però sempre più evidenti, e con grande costanza, scendendo nella serie dei mammali; ma incominciano già a palesarsi nella specie umana, nella razza nera. In questa la supremazia del braccio sull'antibraccio è già minore che nella razza caucasica, e la mano ha dita più lunghe, più scarne, colle eminenze tenare ed ipotenare, meno sporgenti; e le estremità anteriori distese sui fianchi arrivano qualche poco al di là della metà della coscia, ove si arrestano invece nell'europeo. E venendo ora alle scimie antropoidi, nell'ordine degli annunciati caratteri, il gorilla ed il chimpansé hanno un vantaggio deciso sull'orang-outang, nel quale la grande lunghezza delle estremità anteriori riflette particolarmente l'antibraccio e la mano, e le dita sono relativamente più sottili e più scarne.
      Or si presenta la differenza la più importante, quella che si esprime col dire che l'uomo è bimano e le scimie sono quadrumani. Ma qui bisogna intenderci sui caratteri che distinguono la mano in confronto del piede.
      Dapprima bisogna riconoscere che la mano ed il piede sono parti fra di loro perfettamente omologhe, come lo sono tutte le singole parti delle estremità anteriori, colle corrispondenti delle posteriori: là circolo scapulare, qui circolo pelvico; là omero, poi radio ed ulna, qui femore, poi tibia e fibula; là carpo, metacarpo e falangi, qui tarso, metatarso e falangi. Ma nella sfera di questa omologia, è possibile una tale modificazione per cui la parte terminale di un'estremità si dica mano, quella dell'altra si dica piede.


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L'uomo e le scimie
di Filippo De Filippi
1864 pagine 53