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      Non è serbata al naturalista qualche cosa al disopra del vano amore di Pigmalione?
      Lo studio della struttura, della forma, dei rapporti degli organi, è il primo fondamento della filosofia zoologica, ma non è l'edifizio. Nulla di quanto riflette la vita degli animali, le loro azioni, i moventi di queste azioni, deve esser lasciato in disparte dal naturalista. Lyonnet colla stupenda sua anatomia del bruco del salice, Huber e Réaumur colle non meno stupende loro osservazioni sui costumi degli insetti si completano vicendevolmente.
      Ogni osso, ogni muscolo, ogni protuberanza cerebrale dell'uomo, ha il suo perfetto riscontro negli animali: i fatti dell'uno vanno fin qui paralleli coi fatti degli altri; vediamo ora se questo parallelismo si mantiene passando alle manifestazioni istintive ed intellettuali. Ora da questo punto incomincia invece una divergenza che tutti i naturalisti riconoscono; disputano sul grado, ma la riconoscono. Sono certo di avervi tutti consenzienti, o signori, in questo ragionamento elementare: quanto più si appianano le disuguaglianze fisiche fra l'uomo e la scimia, tanto più crescono d'importanza e più si dimostrano indipendenti, le disuguaglianze che restano, le differenze virtuali. Il posto dell'uomo nella natura vuol essere determinato non da quel più o da quel meno di caratteri morfologici soggetti a variare negli stessi angusti confini della specie, ma dal confronto della virtualità propria dell'uomo con quella degli animali. Finché il naturalista ha potuto dimostrare che non v'ha altra differenza che di proporzioni, ed ancora ben lieve, tra il cervello dell'uomo e quello della scimia, ha fatto quanto la scienza chiedeva da lui.


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L'uomo e le scimie
di Filippo De Filippi
1864 pagine 53

   





Pigmalione Huber Réaumur