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      Come Renzo si trova obbligato a lasciare il proprio villaggio ed a vendere la propria vigna per recarsi ad abitare nel Bergamasco; così il nostro Poeta dovette, per salvar la villa di Brusuglio, abbandonar luoghi che gli erano cari, dove aveva passata una parte della sua infanzia, dov'era tornato a villeggiare tra gli anni 1815 e 1818, onde non è meraviglia l'intendere dallo Stoppani che in quegli anni, per l'appunto, Alessandro Manzoni si trovasse pure a capo dell'amministrazione del Comune di Lecco; meno ancora ci meraviglieremo, dopo di ciò, che la scena de' Promessi Sposi sia stata posta dall'Autore nel villaggio di Acquate, nel territorio di Lecco, nei luoghi ove lo riportavano le prime e le più care sue reminiscenze e dai quali egli s'era dovuto staccare per sempre con un vivo dolore, tre anni e mezzo soltanto innanzi ch'egli incominciasse a scrivere il proprio romanzo.
      I Manzoni erano dunque nobili, ma nobili decaduti dai loro titoli di nobiltà e dalla loro antica potenza. Avevano dominato una volta con la forza. La fortuna d'Italia volle che col sangue del Manzoni, che la tradizione ci rappresenta quali uomini violenti, si mescolasse un giorno un sangue più gentile, e che, per gli ufficii dell'economista Pietro Verri e, come vuolsi, del poeta Giuseppe Parini, l'illustre marchese Cesare Beccaria sposasse un giorno la non ricca, ma bella, giovine ed intelligente sua figlia Giulia al proprietario del Caleotto, a Don Pietro Manzoni, uomo intorno alla cinquantina; e che da quelle nozze fra una nobile fanciulla milanese ed un grosso signorotto di provincia, il 7 marzo dell'anno 1785, nella città di Milano, nascesse un figlio.


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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