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      La vecchiaia dell'Autore della Bassvilliana e della Mascheroniana fu, pur troppo, quale il Manzoni la pronosticava ai venali poeti, dai quali egli abborriva; al Gianni fu invece, dopo la caduta di Napoleone, conservata la sua lauta pensione. Udite, pertanto, le generose parole dell'Imbonati, il Manzoni prorompe egli stesso e conchiude stupendamente il Canto:
     
      Gioia il suo dir mi prese, e non ignota(34)
      Bile destommi; e replicai: deh! vogliLa via segnarmi, onde toccar la cima
      Io possa, o far che, s'io cadrò su l'erta,
      Dicasi almen: su l'orma propria ei giace.
      Sentir, riprese, e meditar; di pocoEsser contento; dalla mèta mai
      Non torcer gli occhi; conservar la manoPura e la mente; delle umane cose
      Tanto sperimentar, quanto ti bastiPer non curarle; non ti far mai servo;
      Non far tregua coi vili; il santo veroMai non tradir; nè proferir mai verbo,
      Che plauda al vizio, o la virtù derida.
      O maestro, o, gridai, scorta amorosa,
      Non mi lasciar; del tuo consiglio il raggioNon mi sia spento, a governar rimani
      Me, cui natura e gioventù fa ciecoL'ingegno e serva la ragion del core.
      Così parlava e lagrimava; al mioPianto ei compianse, E, non è questa, disse,
      Quella città, dove sarem compagniEternamente. Ora colei, cui figlio
      Se' per natura e, per eletta, amico,
      Ama ed ascolta, e di figlial dolcezzaL'intensa amaritudine le molci;
      Dille ch'io so ch'ella sol cerca il piedeMetter su l'orme mie; dille che i fiori
      Che sul mio cener spande, io li raccolgo,
      E li rendo immortali; e tal ne tessoSerto che sol non temerà nè bruma,


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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