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      Altra mèsse non dà.
     
      Tutto ciò è grande, è vero, è degno del Manzoni, e si capisce che dovesse piacere al Mazzini, ma stona nel linguaggio di un Principe longobardo del IX secolo. Come tragedie storiche, il Carmagnola e l'Adelchi, mi paiono, sia detto con tutto il rispetto de' loro pregi letterarii, lavori sbagliati; ma essi, oltre all'importanza che hanno per le novità che introducono nella drammatica italiana, obbligando le persone tragiche a parlare un linguaggio umano e a muoversi naturalmente, senza l'impaccio delle regole così dette aristoteliche intorno alle unità, contengono un gran numero di particolari poetici manzoniani, il che vuol dire nuovissimi, per i quali se non vi si andrà a cercare la verità storica e se essi non si potranno rappresentare sulle scene, vi si troveranno sempre affetti eloquentemente espressi, pensieri elevati, caratteri bene scolpiti, descrizioni pittoresche, intendimenti civili e patriottici che li faranno ammirare. Il Manzoni dedicava l'Adelchi, dodici anni dopo il suo matrimonio, a sua moglie Enrichetta Blondel, e non senza un motivo particolare, oltre i motivi generali che egli dovea parer di avere per dare un pubblico segno d'onore e d'affetto alla sua compagna. Come m'è parso di sentire nell'amicizia di Marco pel Conte di Carmagnola quella del Fauriel pel Manzoni, onde, perciò forse, veniva particolarmente dedicata al Fauriel la prima tragedia manzoniana; così mi paiono da ricercarsi nella tragedia stessa le ragioni particolari, per le quali Enrichetta Blondel fu onorata della dedicazione dell'Adelchi.


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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