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      Bisogna che Renzo sia più birba di tutte le altre birbe che il dottore ha rivendicate all'onore del mondo, perch'egli si decida a lasciarlo partire col suo vistoso regalo. Il torto che la serva fa a Renzo, pensando così male di lui, è men grave della condanna del dottore e di tutti i dottori di legge che gli somigliano, sottintesa in quel giudizio temerario. Renzo torna a casa indignato, e non sa dir altro col cuore in tempesta, se non queste parole:
      Saprò farmi ragione, o farmela fare. A questo mondo c'è giustizia finalmente." Al che il Manzoni è pronto a soggiungere: "Tant'è vero che un uomo sopraffatto dal dolore non sa più quel che si dica." Quanta profonda ironia in questa frase! Renzo torna da una spedizione, nella quale ha pur troppo potuto accorgersi che giustizia nel mondo proprio non ce n'è; ma vi sono parole che si dicono senza alcun perchè; Renzo vuole la giustizia, e non la trova; per rendere questo suo sentimento usa un'espressione popolare, e dice che la giustizia finalmente c'è, quando ha proprio fatto esperimento del contrario; il Manzoni, da quel fine umorista che è, nota la contradizione che esiste talora fra le cose che si dicono e quelle che si pensano, e come nel dolore si ragioni meno e si dica qualche volta precisamente l'opposto di quello che si pensa. E, in somma, la conclusione vera del terzo capitolo è, che non c'è da fare assegnamento di sorta su quella che si chiama giustizia umana, in genere, ma che nel caso nostro, nell'intendimento manzoniano; dovea chiamarsi giustizia straniera, giustizia de' signori in Lombardia, ossia nessuna giustizia, arbitrio, violenza, che le leggi in parte mantenevano e l'abuso delle leggi accresceva a dismisura.


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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