Pagina (186/296)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      (76)
      Ma il Manzoni doveva essere originale in tutto; egli avea promesso a vent'anni di mirar sempre alla salita, ma che egli sarebbe caduto sopra una via propria, sulla sua propria orma, quando avesse dovuto cadere. Appena composti i Promessi Sposi, vedendo il pericolo che si correva a passare per creatore del romanzo storico in Italia, e ad esser tenuto complice di tutti i pretesi romanzi storici che si sarebbero pubblicati dopo il suo, ebbe un'idea poetica. Adopero la parola poetica nel modo, in cui piaceva adoprarla a Renzo. Vi ricordate la scena dell'osteria? Un giuocatore dice che le penne d'oca, con le quali si scrive, sono in mano de' signori, perchè sono essi che mangiano le oche, ed è giusto che s'ingegnino a far qualche cosa anche delle penne. Si ride, e Renzo esclama: "To' è un poeta costui. Ce n'è anche qui de' poeti; già ne nasce per tutto. N'ho una vena anch'io, e qualche volta ne dico delle curiose..., ma quando le cose vanno bene." L'Autore soggiunge: "Per capire questa baggianata del povero Renzo, bisogna sapere che, presso il volgo di Milano, e del contado ancora più, poeta non significa già, come per tutti i galantuomini, un sacro ingegno, un abitator di Pindo, un allievo delle Muse, vuol dire un cervello bizzarro e un po' balzano che, ne' discorsi e ne' fatti, abbia più dell'arguto e del singolare che del ragionevole. Tanto quel guastamestieri del volgo è ardito a manomettere le parole, e a far dir loro le cose più lontane dal loro legittimo significato! Perchè, vi domando io, cosa ci ha che fare poeta con cervello balzano?


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





Manzoni Promessi Sposi Italia Renzo Renzo L'Autore Renzo Milano Pindo Muse